L’intento principale del progetto è creare un SISTEMA: Piazza Sant’Antonio Nuovo Canal Grande Piazza Ponterosso. E il mare in fondo.
VALUTAZIONE ARCHITETTONICA I flussi si muovono a livelli diversi. A quota strada. E a quota mare. Trieste è città letteraria. Gli scrittori [Claudio Magris, Paolo Rumiz…] raccontano il viaggio. Ci sono città con le barche e città senza. Il Canal Grande porta le barche nel ventre della città. E con esse quell’inesauribile vibrazione che ti fa svolgere il sartiame e rimettere in viaggio. Il progetto è [deve essere] la narrazione di questa pulsione invisibile. La vocazione marinara della città. Scendere nell’acqua. Questo il punto. Piazza Sant’Antonio discende a quota inferiore passa sotto via S. Spiridione si allunga nell’acqua [per passare sotto via S. Spiridione bisogna scendere sotto la quota del pelo dell’acqua]_risale su Piazza Ponterosso. Come una barca di cemento calata nell’acqua [come la Giuseppa di Pier Luigi Nervi, 1972, barca in ferro cemento]. Con l’dea della navigazione. Ci si affaccia dal parapetto [fasciame] e si tocca l’acqua. Gli occhi a pelo d’acqua. I piedi sulla zattera solida. Sul filo della piazza sottostante le alberature salgono oltre la banchina e arredano la città. Creando relazioni. Un sottopasso porta alla scala e all’ascensore di risalita su Piazza Ponterosso. Dove il progetto prevede tagli d’acqua. La connessione visiva con il sotto. GLI ELEMENTI DELLA CITTÀ. Il SISTEMA. Scala e ascensore arredano la piazza. Si prevede di unificare l’invaso [attualmente tagliato in due] deviando le percorrenze all’intorno. La fontana monumentale trova una collocazione integrata con il disegno generale.
L’area in questione si inserisce nella geometria regolare del Borgo Teresiano. Assi ortogonali definiscono gli isolati. E le prospettive visive. La principale inquadra il canale e in lontananza il mare. Percorrendo il Borgo, basta una breve passeggiata, si entra e si esce da epoche e culture diverse. Ma anche odori e suoni [il mare, la città, il rollio degli alberi delle barche]. Il luogo così ri-progettato si definisce come fulcro del pezzo di città all’intorno. Gli edifici monumentali non insistono più su strade ma su un sistema di piazze a quote diverse. Il tessuto storico ritrova i propri nodi di condensazione relazionale. I percorsi mettono in relazione le parti della città senza discontinuità. Le prospettive visive non sono più lineari ma seguono i flussi differenziati dei punti di vista che si moltiplicano a seconda della quota. Il mare e la città si vanno incontro. Si toccano. Da pari a pari. Si sovrappongono [puoi sentire le correnti d’acqua che scorrono sotto di te].
VALUTAZIONE TECNICA Si parte dalla scalinata della Chiesa. Un accenno che solleva il tempio dalla strada. Superata via Dante Alighieri si comincia a scendere. È praticamente il sito di Piazza S. Antonio Nuovo che si abbassa di quota. Ritrova l’unità che ha perduto in superficie [aiuole, cassonetti…]. E i collegamenti originari. La pietra è nera. Lavica. È lo sforzo a sprofondare e a rimanere a galla [le antiche combustioni]. Riveste il suolo e le pareti che delimitano l’invaso. La zattera passa sotto via S. Spiridione. Solo un varco. Poi oltre c’è la piazza vera e propria. Estesa fino all’acqua. Una doppia fila di alberi ne delimita i lati lunghi e con le chiome arreda le strade superiori. Pioppi cipressini. Il fusto allungato e solido. Un fogliame snello. Poi quando spoglia resta la grafica dei rami sullo sfondo degli edifici. Così il sopra e il sotto rintracciano un segmento di continuità. Il disegno a terra è definito dalle griglie di raccolta delle acque [non solo piovane. L’acqua che tracima dea Canale]. Tagli in senso trasversale. Ortogonali alla direzione generale del progetto. Una coerenza con il disegno urbano più generale. La geometria prosegue nella definizione architettonica di Piazza Ponterosso. La struttura: un cassettonato di calcestruzzo. Pesante. Nei vuoti passano gli impianti [fogne]. Si alloggia il terreno per gli alberi. Dalle griglie risulta visibile la geometria delle fondazioni. Una maglia simile alla trama della città. Infine si arriva all’acqua. Dal parapetto l’acqua è a pelo d’occhio [per passare sotto via S. Spiridione occorre scendere sotto il livello dell’acqua]. È la suggestione del progetto: l’acqua, il viaggio, l’orizzonte [basta andare a spasso sul Molo Audace allungato nel mare e seguire il volo rasente dei gabbiani con la città alle spalle per sentire una specie di contraddittoria appartenenza all’idea di confine e al tempo stesso di libertà ad andare oltre]. Poco importa se può tracimare e bagnare il suolo. È anche lì la suggestione. La porzione d’acqua fino al ponte di via Roma non accessibile alle barche è un quadrato geometricamente definito. Oltre, il flusso sia allunga [si intensifica]. Si passa sotto via Bellini e si sale su Piazza Ponterosso. Scale ed ascensore. L’accessibilità è resa possibile per tutti. Piazza Ponterosso va unificata eliminando il taglio centrale [via Roma]. La viabilità gira intorno. Nella piazza l’ascensore si alza [oltre il necessario] come un faro [Paolo Rumiz è partito da Trieste per passare un pezzo di vita nella solitudine dei fari. Il ciclope, 2015]. La scala è incapsulata in un volume di vetro. Il disegno della piazza di sopra segue la stessa geometria della piazza di sotto. Tratti ortogonali alla direzione principale [verso il mare]. Articolati e compositi: panchine, griglie, alberature. La posizione della fontana partecipa al disegno. Ne risulta esaltata [piuttosto che in una banale posizione centrale].