Il percorso del trifoglio

trifoglio

 

È un piccolo foro nell’asfalto. Quanto una moneta. Preciso. Il trifoglio viene dalle radici profonde e poggia le sue piccole foglie oltre il bordo. Come uno che si affacci a un davanzale. Che non sai se stia a guardare il mondo (oh, quello vasto lì fuori) o non sia lui stesso un mondo da osservare. O addirittura tutto il mondo. La promessa di tutto il mondo possibile. Una sola certezza: nulla è fuori da sé. Nulla esiste fuori da te. Roba minuta come si vede. Ma ha la forza di attirare l’attenzione. La mia, è inteso. E così sono sicuro sente che ne vale la pena. È la voce di tutte le erbe solitarie che cercano un varco. E mai più indifese.

 

la piazza si trasforma
La piazza si trasforma. Controluce. In fuga. Sotto una leggera coltre bianchiccia di umidità i fili d’erba nati negli interstizi del basolato appaiono una distesa di peluria verde. Un verde carnoso. Denso. Continuo. Mille e mille fili uniti in un’unica visione. Un prato diresti. Acceso dal sole che fa riflettere le gocce d’acqua disseminate. I lunghi filari di zanelle pieni d’acqua come canali. Fino ai piedi dei palazzi di piperno. Delle colonne che si elevano dai gradoni di travertino. Del basamento della statua equestre. Dolce e rassicurante. E nell’istante stesso svanisce l’effetto come l’enigma di una nenia di fata Morgana.
La città grigia riprende possesso della realtà. Ma tardiva è la tua rivincita.

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