Il romanzo americano e la sua tradizione

Chase

Due amici miei mi hanno regalato “Il romanzo americano e la sua tradizione” di Richard Chase. Non sapevo chi fosse. Allora l’ho cercato su internet e il primo Chase che esce è un serial killer che uccideva e mangiava le sue vittime. Il libro è usato ed è irresistibile andare a vedere le sottolineature di chi l’ha avuto tra le mani prima di me. Su qualcuna concordo. Altre mi sembrano inutili.

 
Detto questo, il primo capitolo che ho letto è quello su William Faulkner. Se mi chiedi chi è il mio scrittore preferito, rispondo d’istinto Faulkner, per poi stare lì a precisare che non si può dire…ce ne sono tanti…bla bla bla. Chase prende in considerazione quattro libri che definisce capolavori (scritti tra il 1929 e il 1932). Tra questi “As I Lay Dying”. Che è uno dei miei preferiti. La storia è quello che è ma il punto di vista è straordinario. Anzi i punti di vista. Ogni membro della famiglia Bundren dice la sua, compreso Addie che parla post mortem. Mentre portano la sua salma su un carro fino a Jefferson nella contea di Yoknapatawpha. Tutto inventato. Al centro mi pare il tema della pietà. Poiché non sono un critico letterario ma solo un lettore, questo mi basta.

 
Poi il resto, da Cooper a Moby Dick, a Mark Twain ecc. In definitiva quale è la tesi di Richard Chase, almeno quella che mi pare di capire? A parte la distinzione che fa tra romance e novel (e sarebbe interessante riconoscere il doppio registro nelle proprie preferenze, passioni, riferimenti) a parte questo, il punto è che il romanzo americano non cerca una ricomposizione della “complessità del sentimento” che fa girare il mondo. Anzi. Gli americani che vengono dai pionieri sono degli scopritori. E questo fanno. Scoprono (nel senso di dis-velare) i dilemmi e le contraddizioni dell’esistenza e ne tracciano una mappa estetica. Niente di più. Ci sanno stare nel mondo e niente è irreparabile.

 
Per questo mi piace la narrativa americana. Perché è imperfetta. Sì, i risultati estetici sono altissimi, come dice Chase, ma l’energia di questa scrittura sta tutta nell’accoglimento dei contrasti. E non nel superamento degli stessi. Perciò inevitabilmente è scabra e dura.

 
Come certa architettura imperfetta. Che non vuole essere suadente. Ammiccare, insomma.

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