Si tratta di un edificio industriale di 2.600 mq con annessa palazzina uffici. Il capannone e la struttura degli uffici sono stati realizzati in prefabbricato. I pannelli di chiusura del capannone sono stati lavorati su disegno immettendo nella produzione corrente del prefabbricatore la nota delle rigature. Tutto il resto è stato condotto in opera, utilizzando maestranze locali e tecnologie adeguate.
Le opere in ferro [rivestimenti, pensiline, portoni, torre] costituiscono l’ossatura e la risorsa dell’immagine architettonica che si voleva raggiungere, conformemente a un’idea scarnificata di luogo di lavoro. Una sorta di stratificazione sul manufatto industriale. Come un accento.
Una fabbrica costituisce il campo dove meglio [io credo] sperimentare il passaggio da quello che VORREI fare in architettura a quello che POSSO fare. ORA e QUI. Occorre fare i conti con i limiti della realtà [maestranze, tecnologie, economia], i segni devono necessariamente essere forti per farsi strada nell’intorno e resistere ai tempi e difficoltà del cantiere. In più non c’è bisogno di dettagli troppo raffinati. Ma questo è un bene. Come in certe discipline, l’economia ad esempio, l’incertezza si trasforma in incentivo. Si potrebbe formulare una specie di metodologia del realismo non-negoziabile.
La zona [che negli anni sessanta era chiamata la Svizzera del sud con 12.000 addetti impiegati solo nell’Indesit] è caratterizzata dai vuoti dell’industrializzazione persa e dai tentativi di riconversione. Ne deriva un paesaggio con forti elementi di riconoscibilità [linee ferroviarie dismesse, tralicci e tubazioni aeree] sommersi o degradati. Tuttavia carichi di interesse. Ci sono poi zone dove l’iniziativa privata si prende cura di strade e zone a verde. Un contesto di complicata decifrazione.
Il progetto si propone di entrare nella trama complessiva dei segni del luogo. La sequenza UFFICI/PENSILINA/ TORRE ne costituisce la cifra di riconoscibilità. Con una punta di imprevedibilità. Il segnale a distanza, io spero, come una gamba tesa nel sistema.