A Napoli ci sono grandi manifesti contro Gomorra, la serie. Dicono che la fiction sparge “merda” sulla città. Io la sto guardando. Con un occhio alla trama. Che è avvincente. I personaggi sono ben disegnati. Il ritmo è serrato. E con un occhio agli scenari. Che sono parte integrante della trama, della tensione, del disegno dei personaggi, del ritmo. Sono parte integrante dell’angoscia. Ma sono anche scenari urbani. Architetture. Spazi pubblici. Progettati da architetti. Sono luoghi noti. Le Vele di Scampia, inevitabilmente. Ma poi i quartieri della ricostruzione. Da Piscinola a Miano. Da Barra a Casoria. Ieri ha fatto la sua comparsa la torre di Ponticelli. La facciata svuotata e occupata dal sistema di scale. Sorta di rimando alle scale aperte dei cortili. [lo straordinario cortile del capitano: ho studiato ai tempi della tesi l’articolazione delle scale e dei ballatoi come in uno scenario teatrale]. E la piazza coperta. Un reticolo metallico che avrebbe dovuto essere un pergolato. Un edificio di qualità, ho sempre pensato. Ma non basta. Ogni cosa è desolante. Gli edifici opprimenti. Malandati. Devastati. Ma gli spazi pubblici ancora di più. Invasi con vasche di verde abbandonate. Porticati divelti. Pavimenti saltati. Piscine vuote. Residui incastrati tra i palazzoni. Senza alcuna relazione con il contesto un po’ più in là. Città o altro che sia. Mi chiedo quanta responsabilità abbiano gli architetti. Sul progetto di Franz Di Salvo per le Vele si è molto detto. Una volta ho partecipato alla presentazione dell’opera di un fotografo in una importante galleria della città. Tobias Zieolony, da Lipsia, aveva fotografato le Vele. Sotto varie luci. E certi volti di giovani. Intenti ad ammazzare il tempo. Ci si chiedeva cosa fare. Si confrontavano quelli che avrebbero demolito gli edifici e quelli che li avrebbero salvati. Opera di architettura. Incompleta e fallimentare. Come lo Zen di Palermo e tante altre esperienze simili. Io ho detto qualcosa ma neanche me lo ricordo. Tutta roba inutile. La complessità della realtà è un’altra cosa. Gli edifici dentro cui questi si sparano, si inseguono, si ammazzano sono fondali alienanti dove simili azioni sembrano plausibili. Gli spazi che attraversano armi in pugno sono inevitabilmente vuoti. Certo, gli architetti hanno seguito il programma folle di concentrare migliaia di alloggi in zone marginali di grande criticità. Un altro piano di responsabilità. Ma edifici e luoghi non hanno un briciolo di umanità. Alla Sanità c’è la stessa violenza. Ma c’è ad esempio il Palazzo dello Spagnolo.
ciao davide,
mi verrebbe da dire che questi architetti sono stati così lungimiranti che anni fa già sapevano che le loro opere sarebbero state tra quelle più inserite in film, serie tv, reportage ecc…cioè già sapevano, ed hanno puntato sulla qualificazione dell’opera via massmediatica a posteriori!
…poi al di là di tutto…mi sono fermato sulla frase “non c’è un briciolo di umanità”…mi fermo e penso…non lo so…qualcuno ha detto che “la complessità della realtà è ben altra cosa…”…mi fermo qui…le piante a volte crescono anche in posti impossibili…diceva Clements…vedi i i rovi sulla superstrada che passa in quelle zone di Gomorra.
buonasera.