Uno scambio di impressioni con Pasquale Belfiore su un libro che offre molti spunti di interesse.
Prof. Pasquale Belfiore <——————————————>
a me
28 dic (3 giorni fa)
Caro Davide ti mando una recensione al libro di Carlo Melograni, che ho scritto per Op.cit. Te la invio perchè il libro tratta di un periodo dell’architettura italiana di cui abbiamo spesso parlato e so che ci accomuna lo stesso interesse.
Ti saluto
Davide Vargas <——————————————>
28 dic (3 giorni fa)
Ciao Pasquale, ho letto la tua recensione quando mi mancano una cinquantina di pagine per finire il libro. Praticamente lo finisco oggi. Poi scrivo qualcosa sul mio “privatissimo” blog. Per farlo ho preso qualche appunto durante la lettura:
1) Rogers descrive Ronchamp come un racconto poetico. È la cifra di un certo modo di “sentire” l’architettura (forse datato) che come sai mi corrisponde molto;
2) tentativo di superare lo scollamento tra il progetto architettonico e la pianificazione urbanistica, cosa molto attuale oggi;
3) emergono le figure di Scarpa e Albini nei progetti museali, e Albini è considerato il maggiore degli architetti italiani nel secondo novecento. Anche Gino Valle (questa una quasi sorpresa) e De Carlo sono ben considerati.
4) la letteratura molto presente: su tutti Ottiero Orttieri (bravissimo) e Elio Vittorini. Oltre a Pasolini, direi naturalmente.
Infine, mi piace leggere un libro di architettura a questa età (e diciamo con questa esperienza) perché automaticamente faccio confronti e considerazioni personali. E mi permetto così di condividere o meno quello che leggo con maggiore cognizione di causa.
In definitiva a me sembra un bellissimo libro/romanzo e Melograni mi pare un personaggio di grande livello. Cose che tu hai scritto come sempre benissimo.
Un caro saluto, Davide
PS. usa questa mia mail, sull’altra ci vado poco
Prof. Pasquale Belfiore <——————————————->
28 dic (3 giorni fa)
a me
Caro Davide, elenchi bene le cose salienti. Solo per Scarpa qualche perplessità. Melograni non lo salva, alla fine, ‘accusandolo’ di non aver incoraggiato l’ingresso nella modernità dell’architettura italiana. Devi convenire che lo ‘scarpismo’, con le infinite scalettature dei bordi e piani galleggianti nel vuoto, ha inondato l’Italia di brutte copie dell’originale. Se ti capita tra le mani, vedi un libro di Giancarlo Carnevale, A regola d’arte, che documenta la pessima architettura delle terre venete ove anche lo scarpismo ha lasciato segni inconsulti. Ho provato a Natale un po’ di emozione perché Marisa mi ha fatto trovare sotto l’albero la prima edizione di ‘Conversazione in Sicilia’ con foto dello stesso Vittorini e di Luigi Crocenzi. Quelle precedenti non le avevano. Sono molto belle. Vittorini è nelle corde di Melograni, come risulta dalla descrizione della polemica con Togliatti. D’accordo con te, i libri di storia letti oggi da generazioni a partire dalla tua, servono anche a confronti, personali e di sistema. Con gli anni Cinquanta, perdiamo di sicuro. Forse vinciamo con i Settanta che considero tra i peggiori del Novecento. La mettiamo sullo sportivo solo per semplificare discorsi altrimenti complicati da affrontare per lettera.
Un caro saluto, Pasquale
Davide Vargas <——————————————>
28 dic (3 giorni fa)
ancora qualche cosa….ho scoperto anche bravi progettisti che non conoscevo come ad esempio Gellner. Sono andato a cercare qualcosa ed è una figura importante…o Eduardo Vittoria del quale non conoscevo la portata. E pensare che ai miei tempi era uno dei professori con meno appeal della facoltà. Non so se per nostra ignoranza o era proprio uno che non si spendeva molto per l’università: e questo pure sarebbe un bel tema da approfondire.
Un abbraccio
Prof. Pasquale Belfiore <pasquale.belfiore@unina2.it>
28 dic (3 giorni fa)
a me
Gellner l’ho conosciuto anni fa proprio attraverso Melograni. Vittoria è stato mio professore per un esame di Tecnologia. Prese l’eredità di Chiaromonte che faceva Elementi costruttivi. Vittoria venne con l’aureola di architetto olivettiano, aveva già lavorato a Ivrea. Era un bravo architetto, moderno, preparato, attrezzato culturalmente. Come docente però non aveva comunicativa, parlava a bassa voce, adottava un linguaggio tecnificato, poco capivamo di ciò che diceva. Fu tra i fondatori di Ascoli/Architettura.
Che altro dire? Un libro importante, come si vede. In parte si vede da qui, poiché contiene molto altro.
Bene, così come (non avrà fatto) il prof. Vittoria ci vuole sempre uno sforzo comunicativo, come il vostro scambio di mail, come un seminario, come un’opera, un blog, un tentativo anche se silenzioso non è mai buttato. Se poi i tentativi aumentano, e si moltiplicano la voce arriva anche a chi come me è poco avvezzo, e potrà avere un arnese in più per leggere, guardare, sentire.
saluti