Birdaman parla di Raymon Carver. Poi è un bellissimo film. Grande regia e grande musica, una batteria ossessiva. Oltre a un gruppo di attori stupendi, Michael Keaton su tutti.
Ma quello che mi interessa è Carver. Riggan Thomson vuole mettere in scena in uno storico teatro di Broadway What We Talk About When We Talk About Love. Allora costruisce un tipico interno americano degli anni sessanta/settanta. Una cucina con il tostapane sulla mensola. Colori pastello che fanno pensare alla formica. Come in un quadro di Tom Wesselmann. E in questa cucina i personaggi parlano e bevono. Parlano di amore senza conoscerlo. Ma non è più una rappresentazione. Sono loro stessi uomini e donne fragili. Vulnerabili. Gli uomini aggrappati ad un ego come ad una roccia nel mare in tempesta. Per non affogare. Le donne sempre più ferite. Ma più forti. Solo le donne capaci di sentimenti.
Non è più la rappresentazione teatrale. E forse neanche cinematografica. Forse è il magma della realtà. Come insinua Antonio Sànchez che compone le musiche e suona la batteria in un angolo dei camerini del teatro. Tutto si mescola e tracima. È lo stile del film.
E poi le visioni dall’alto di New York indugiano sul Times Building di Renzo Piano. Sull’Austrian Cultural Forum Tower di Raimund Abraham. Diceva Carver: “La prosa deve reggersi in equilibrio, ben eretta da capo a pié, come un muro decorato fin giù alla base, la prosa è architettura”
Non ho visto il film ma mi intrigano molto le parole che hai trovato per suggerirne la sensazione. Uomini che si ancorano per non affogare,nel tentativo non tanto di confermare il proprio ego quanto di liberarsene per affermare un altro sè. Donne che non si scrollano di dosso le ferite anzi le trattengono per farne punto di forza. Tutto su un palcoscenico dove si dovrebbe rappresentare l’ amore. Ma nessuno sembra pronto in questa drammatica commedia