John Banville scrive gialli ed è un grande scrittore. In Irlanda pubblica con il nome di Benjamin Black. Dice che quando è Banville non riesce a mettere insieme neanche una pagina. Anni fa ho conosciuto Valerio Magrelli che diceva di aver ascoltato Banville in una conferenza parlare della sottile origine della sua lingua. E della musicalità dell’irlandese arcaico. Banville e Black sono due parti di una stessa unità. Una delle due è la parte oscura.
False piste parla come sempre di omicidi e meschinità umane. Quirke è uno dei grandi personaggi letterari. Alcolizzato (forse). Provato dalla vita. Caustico e disincantato. Si muove come sempre tra pub e strade bagnate di pioggia. Lungo il mare. Con un torpore connaturato. Un antico senso di colpa nei confronti della figlia. Con una cifra di umanità che riserva solo a chi ne merita l’impegno. Ma quello dell’umanità è il tema. Le piste della storia si arrotolano nello scenario di uomini e donne sbagliati. Con una vena di disgusto verso se stessi. E Quirke pur essendo estraneo (ma lo è fino in fondo?) riesce a farsi trascinare, come sempre, in situazioni scabrose. Ai limiti. Come se la sua metà oscura non riuscisse a resistere al richiamo. E fa una fatica per uscirne.
Ci sono due gemelli. Simili e inquietanti. Due parti di un’unica sinistra entità. Lo stesso sdoppiamento di Banville e Black.