Chang-rae Lee è nato nel 1965 nella Corea del Sud ed è emigrato negli Stati Uniti a tre anni. Gli arresi è del 2012 ed è stato finalista al Premio Pulitzer.
Chang-rae Lee scrive in un modo che non mi piace. Cioè racconta molto. June disse che…Hector rispose che…pensò che…Roba così. Io preferisco al racconto del dialogo il dialogo stesso. E al racconto del pensiero un modo per mostrare quel pensiero senza dirlo. Diceva Toni Morrison: (…) affamato è un aggettivo che imprigiona l’immaginazione. Devi dire che (…) pensa alla focaccia di grano, alle frittelle, a qualcosa che gli preparava la madre quando era a casa. Solo così io posso capire. In sintesi mi devi dare cibo, non pensiero.
Ma la storia è potente. Intrecciata agli avvenimenti del mondo. Diacronica. Coinvolgente. Come sempre gli americani sanno confezionare storie. Ed è una lunga storia con i protagonisti che si allontanano e poi si ritrovano in una specie di resa dei conti dove ogni cosa deve andare a posto. I segreti sepolti del passato. I segni delle violenze subite e viste. Gli analoghi segni degli atti di amore. I distacchi e la ricerca di contatto. E a questa cerimonia finale partecipa un popolo. L’affresco corale di gente capace di gesti di coraggio e di viltà. Di barbarie. E di riscatto. In ogni caso grandi gesti. All’altezza della proprio sofferta umanità. Che per quanto violata resta sacra.
Ed è come se ognuno rispondesse ad un imperativo. C’è un momento in cui un uomo DEVE mettere le cose a posto. Questo riguarda tutti noi.