La pelle

la pelle

 

Non avevo letto niente di Curzio Malaparte. Poi sono stato tutor di un workshop di progettazione su Capo Massullo, lo scoglio di Capri dove c’è casa Malaparte. Un’icona dell’architettura moderna. Secondo un sondaggio di qualche anno fa l’opera di architettura più conosciuta al mondo. Senza un vero autore. Il progetto riconosciuto da Adalberto Libera è tutt’altra cosa rispetto al nocciolo di pietra realizzato a picco sul mare. Quindi il vero autore, non resta altra ipotesi, è stato lo scrittore. Allora ho letto il libro. Per cercare di capire.

 
Un libro duro. Attraversato da un uomo che parla e agisce per fare male. Ma non solo agli altri. Principalmente a se stesso. E trova sponde in personaggi che pur vincitori si portano dentro lo stesso distaccato nichilismo. C’è compassione nel suo sguardo. E una profonda sofferenza per il destino dei vinti.

 
Le descrizioni sono la parte più bella del libro. Mai scontate. Né di maniera, nel bene e nel male. Malaparte descrive per paragoni. Sono affascinato in genere da questa tecnica. Dalla capacità di assimilare immagini altre a un tramonto, o a un fiume, o a un sentimento, o a un suono. Immagini che per un’invisibile assonanza restituiscono il senso della cosa da descrivere. In questo libro c’è da restare a bocca aperta davanti al mondo che l’autore dispiega in un personalissimo e mai banale grafo di rimandi.

 
Solo un uomo così poteva abitare lo scoglio di Capri racchiuso dal guscio di un’architettura corrucciata e scontrosa. Eppure aperta e visionaria.
(…) poi, prima di andarsene, mi domandò se avessi comprato la mia casa già fatta, o se l’avessi disegnata e costruita io. (…) gli dissi: “io ho disegnato il paesaggio”. “Ach, so!” esclamò il Generale Rommel.

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