Sono stato a New York più di trenta anni fa. La prima volta. Poi ci sono tornato molte volte. E grandi compagni di viaggio mi hanno accompagnato nella città della modernità peregrinando come avidi flâneur e lasciando montare l’immaginazione ad ogni incontro. Tutti i mille scrittori americani che ho letto mi hanno riportato nelle geografie della città. Ogni volta, come in un perenne infinito atterraggio: Abbiamo iniziato la discesa verso l’aeroporto…la voce gracchiante del pilota.
Vorrei citare Saul Bellow e il suo Herzog, e Don De Lillo, e Teju Cole e…ma posseggo il potere dell’outsider e posso permettermi di confondere le cose. Non ricordo le trame esatte o i luoghi e i nomi precisi. Ma le atmosfere sì. È come se camminassi un po’ trasognato tra Central Park South, un vento freddo e pungente sulla pelle, e la Cinquantasettesima fino a Broadway…o seguissi non ancora completamente sveglio nella luce perlacea del giorno una linea tesa tra la guglia dell’Empire State Building, il grattacielo della Pan Am e in fondo i moli di Brooklyn…o mi avviassi verso l’immancabile World Trade Center metafora di ogni disastro…e verso, verso cosa? se non l’ascolto incantato della narrazione di una infinita fascinazione.
Trent’anni fa scattavo diapositive. Ora sto ridisegnando la città dalle diapositive invecchiate. Copio la realtà, in pratica. Ho una grande passione per la pittura americana fotorealistica. Ansonia del 1977 è il paradigma delle mie preferenze. Dice il pittore, Richard Estes: “Mi piace pensare alla fotografia come a uno schizzo da usare e non come a uno scopo da raggiungere”. C’è una copertina di Domus [n°884, settembre 2005] dedicata a Ed Ruscha. L’artista americano fotografa in sequenza le facciate di Hollywood Boulevard. È il 1973. Lo fa dal cassone del suo pick-up Datsun. Poi mette le foto in un cassetto. Dopo trentuno anni ripete l’operazione. E mette le due sequenza a confronto. Chiama l’operazione Then & Now.
Io invece non faccio confronti, ma sto annullando le trasformazioni. Ogni viaggio è sempre un ritorno, lo hanno detto in tanti. In questi disegni ci sono ancora le torri gemelle. È come un tempo congelato. E il ritorno ha coordinate geografiche e temporali. Il disegno non ritrae la realtà ma una finzione realistica.