western

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Ne Il romanzo della mia vita Tex Willer è ormai vecchio e vive tra i suoi Navajos dove anche Capelli d’Argento ha voluto terminare la sua pista. Su una croce di legno piantata in un tumulo sul bordo di una terrazza naturale che si affaccia sul deserto c’è scritto Kit Carson. Quindi sono esseri mortali, Tex compreso, e questa è una sorpresa. È il 1899, sta per iniziare un nuovo secolo. Jack Granger è un giornalista e a lui Tex decide di raccontare la sua vita. Di quando era un fuorilegge, di quando combatté la Guerra Civile con il nord lui texano, poi di quando incontrò Kit Carson e diventò un ranger. E dell’incontro con Lilith figlia del capo Navajo Freccia Rossa. Del dolore immenso per la sua morte e della nascita di Kit e l’amicizia con Tiger Jack. Tex racconta dei suoi grandi nemici, da Mephisto a tutti i rapinatori assassini trafficanti banditi proprietari terrieri indiani rinnegati politicanti corrotti che hanno avuto la sventura di incontrare la sua colt, e dei suoi grandi amici, da Jim Brandon a El Morisco. E man mano che vai avanti nella trama ti accorgi che è un’unica interminabile storia: Tex combatte sempre affianco ai deboli contro l’ingiustizia e l’oppressione. È amico degli Indiani e nemico dei razzisti. Non ci sono sfumatura nella sua distinzione tra bene e male. Ma si sa, è un fumetto. E questo libro è come un fumetto scritto.

 

Tra Tutti i racconti western di Elmore Leonard ce ne sono alcuni indimenticabili. Quel treno per Yuma ad esempio, che nel 1957 è diventato un bellissimo film diretto da Delmer Daves con un insolito Glenn Ford nella parte del cattivo. Ma è una storia di tensione psicologica con il cattivo che nel finale fa una cosa inaspettata. Sono trenta racconti ambientati tra il 1870 e il 1890, attraversati da indiani sceriffi cawboy soldati che si intrecciano lungo piste polverose o nei saloon o nei canyon, armati di fucili a canne mozze e pistole, coltelli e archi, con i cappelli Stetson sugli occhi o la pelle rossa dipinta con segnali di guerra. Una vera epopea di coraggio scaltrezza abilità. Ma anche di una antica correttezza. Chi vince non solo spara meglio ma ha dei valori. E nella rudezza delle situazioni, dei paesaggi, dei rapporti, tra tutte le sfumature del bene e del male, qui sì che le cose sono complesse e intrecciate, in tutto questo alla fine i valori prevalgono e vanno ad alimentare il mito eterno di una meta da raggiungere. Oltre la frontiera.

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